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L’utilizzo della plastica ha inizio nel XIX° secolo quando l’Inglese Alexander Parkes isola e brevetta il primo materiale plastico semisintetico, la Parkesine. Un tipo di celluloide utilizzato per la produzione di manici e scatole e per colletti e polsini delle camicie. Ma l’exploit della plastica si ha nel 1870 con i fratelli Hyatt, i quali brevettano la formula della celluloide per sostituirla inizialmente con il raro e costosissimo avorio nella produzione delle palle da biliardo. Dalla fine dell’Ottocento ad oggi la plastica continua ad essere il principale materiale utilizzato per la produzione di qualsiasi bene e la troviamo praticamente ovunque: nelle case dove abitiamo e nelle auto su cui viaggiamo, negli abiti che indossiamo fino alla conservazione e al trasporto di prodotti alimentari. Negli ultimi decenni, complice una maturata consapevolezza dei danni prodotti sull’ambiente e sull’uomo stesso, si è cominciato a cambiare approccio e ad impiegare materiale plastico biologico nella produzione di imballaggi e di altri prodotti destinati al settore alimentare, elettronico e non solo. Ma cos’è la bioplastica o plastica biologica, quali sono le sue caratteristiche e in cosa si differenzia rispetto a quella tradizionale?

Caratteristiche e cenni storici della plastica biologica

Come definisce il documento Wageningen UR dell’istituto Wageningen University & Research, già descritto nell’articolo plastica biodegradabile cos’è e dove si trova, si definisce bioplastica un materiale che sia ricavato da biomassa vegetale, interamente o parzialmente, che sia biodegradabile o che soddisfi entrambi le caratteristiche.

Catia Bastioli può essere definita l’inventrice della plastica bio. Dal 1990 si è occupata di materie prime rinnovabili e sostenibilità ambientale. Presso gli stabilimenti della Novamont a Terni ha iniziato a produrre la Mater-Bi, una plastica a base di amido di mais. Grazie alle sue capacità e alla sua vocazione è riuscita a trasformare la Novamont da centro di ricerca a primaria industria nel settore delle bioplastiche.

Tra le plastiche biologiche più comuni, troviamo il PLA, i PHA o ancora gli amidi plastificati che hanno sfruttato i progressi dei settori della chimica verde e della white chemistry nella valorizzazione della biomassa (amidi, zuccheri, cellulosa, ecc.).

A differenza della plastica tradizionale, composta perlopiù da monomeri di carbonio e idrogeno ricavati dal petrolio e dal metano e, pertanto, difficile da smaltire e dannosa per l’ecosistema naturale e le specie vegetali e animali del nostro pianeta, la bioplastica può essere biodegradabile e costituita del tutto o in parte da materie prime vegetali rinnovabili annualmente (bio-based). Infatti, mentre i materiali plastici tradizionali sono definiti biofobici, ossia materiali nuovi per l’ambiente per cui non esistono microrganismi in grado di aggredirli e tali da resistere in natura per migliaia di anni, le bioplastiche possono possedere una struttura chimica che permette ai microrganismi di fagocitare e di degradare in tempi brevi la materia plastica. Anche la provenienza da fonti rinnovabili può essere vantaggiosa poiché riduce l’impatto complessivo sull’ambiente evitando l’estrazione del petrolio e contribuendo all’assorbimento del carbonio nell’atmosfera.

Le bioplastiche costituiscono oggi l’1% degli oltre 359 milioni di tonnellate di plastica prodotte ogni anno. Il mercato è in crescita e in Italia i fatturati risultano essere in aumento del 10% l’anno (Fonte La Repubblica). In Italia il gruppo Novamont commercializza un’ampia gamma di bioplastiche, biodegradabili e compostabili secondo lo standard UNI 13432. Il gruppo  è leader nello sviluppo e nella produzione di bioplastiche.

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I prodotti in plastica biologica presenti in commercio e i vantaggi nella scelta di materiali provenienti da fonti rinnovabili

La bioplastica è impiegata perlopiù negli imballaggi ad uso alimentare e possiamo trovare in commercio diversi prodotti realizzati con plastica biologica come per esempio:

  • pellicole, sacchetti e buste per la spesa
  • pellicole per alimenti
  • pellicole termoretraibili per contenitori di bevande
  • shopper per trasporto merci, sacchetti per primo imballo alimentare (frutta/verdura, gastronomia, panetteria, macelleria e pescheria) e per rifiuti organici;
  • Imballi per alimenti (prodotti da forno all’ortofrutta, bevande analcoliche, retine per la frutta, confezioni per filtri del the);
  • Stoviglie usa e getta: (per uso personale come picnic, feste ed eventi).

Il vantaggio delle bioplastiche consiste principalmente nel fatto che queste sono ricavate da materie prime rinnovabili e sostenibili e risultano essere biodegradabili e, in alcuni casi, anche compostabili.

La biodegradabilità è la capacità del materiale bioplastico di essere degradato in sostanze più semplici grazie all’attività enzimatica di microorganismi che, attraverso il processo di biodegradazione, trasforma le sostanze organiche in molecole inorganiche semplici come acqua, anidride carbonica e metano.

La compostabilità è quel processo aerobico di decomposizione biologica che porta un materiale organico a trasformarsi in compost mediante il compostaggio. Da tale processo si ricava un  prodotto biologicamente stabile la cui componente organica presenta un elevato grado di evoluzione.

La plastica biologica biodegradabile e compostabile è sicuramente la soluzione migliore per l’ambiente perché ricavata da materiale organico rinnovabile. Infatti, il suo processo di smaltimento avviene in tempi più brevi (pochi mesi) senza compromettere il terreno e le sue caratteristiche naturali. Inoltre, l’utilizzo di materiale bioplastico permette in molti casi di riciclare il prodotto allungando, così, il ciclo di vita dello stesso.

Le materie prime impiegate nella produzione di bioplastiche

Sono diverse e molteplici le materie prime utilizzate per la produzione di bioplastiche. Si prediligono materie prime ricavate da fonti rinnovabili anziché fossili, come per esempio le materie prime di origine vegetale. Le più note sono:

  • Bio-polietilene (Bio-PE), ricavato da sostanze vegetali come per esempio la canna da zucchero;
  • Acido polilattico (PLA), polimero dell’acido lattico ricavato grazie all’amido di mais;
  • Bioplastiche a base di cellulosa, contenuta principalmente nei vegetali;
  • Bioplastica ottenuta dalla canapa, ottenuta dalla cellulosa della pianta;
  • Poliidrossibutirrato (PHB) polimero prodotto dell’assimilazione del carbonio da fonti quali il glucosio o amido;
  • Poliidrossialcanoati (PHA), polimeri poliesteri termoplastici sintetizzati da vari generi di batteri attraverso la fermentazione di zuccheri o lipidi.

Tutte queste differenti tipologie di materie prime rinnovabili vengono impiegate nella produzione di bioplastiche. Per citare alcuni esempi, quelle di amido di mais, grano, tapioca e patate in Italia sono perlopiù utilizzate da Mater-Bi della Novamont, mentre la Bioplast della Biotec produce plastiche biologiche ottenute da materie prime vegetali come la fecola di patate, così come la Solanyl ottiene polimeri dalle bucce di patate. Tra le varie materie prime vegetali, i PHA sono utilizzati nella produzione di bottiglie di shampoo, borse per la spesa, articoli monouso come pannolini e prodotti per l’igiene femminile e prodotti da imballaggio.

La Bio-on – eccellenza italiana che opera nel settore delle moderne Biotecnologie applicate ai materiali di uso comune per dare vita a prodotti e soluzioni completamente naturali e ottenuti da fonti rinnovabili o da scarti della lavorazione agricola – si è attivata nella produzione bioplastica attraverso la produzione di poliidrossialcanoati destinati alla formulazione di microperle biodegradabili e compostabili per l’industria della cosmetica. Un primato dell’azienda bolognese che ha scelto di adottare una soluzione sicuramente più ecocompatibile.

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Quali comportamenti adottare e che acquisti prediligere per una scelta green

Adottare dei comportamenti responsabili è la mission a cui siamo tutti chiamati per contribuire a rendere il nostro pianeta più sano e sostenibile. Molte azioni dipendono da noi stessi. Preferire prodotti in plastica biologica biodegradabile e compostabile rispetto alla classica plastica è una soluzione che gioverà nel presente e, soprattutto, alle generazioni future. Fare attenzione ai prodotti cosmetici in quanto molti contengono  micro e nano plastiche. Si tratta di particelle piccolissime di dimensioni comprese tra 1 nanometro e 5 millimetri e che, proprio per tali dimensioni, non sono individuabili né tantomeno riciclabili al punto da disperdersi nel suolo e negli oceani, danneggiando fauna e flora e interferendo con l’intero ecosistema naturale. Ricordiamo inoltre, come già accennato nel nostro articolo riguardante le creme solari, che dimensioni inferiori a 100 nanometri potrebbero essere assorbite dal nostro organismo attraverso la pelle. Per queste ragioni, diventa importante informare i giovani e le nuove generazioni in merito a un consumo più sostenibile. Si possono adottare diverse soluzioni, utilizzando magari i sacchetti compostabili per i rifiuti organici, per la raccolta di bisogni dei nostri amici a quattro zampe, o scegliere di acquistare stoviglie monouso compostabili. Ma ancora, si possono prediligere altri accorgimenti specialmente nelle azioni di tutti i giorni, come per esempio l’uso di borracce di alluminio o prodotte con materiale riciclato, evitando così l’acquisto sfrenato di bottiglie di plastica e l’aumento a dismisura di rifiuti ad alto-medio impatto ambientale. La riduzione dell’utilizzo di bottiglie di plastica è cruciale oltre che per una questione ambientale anche per quel che riguarda le ripercussioni sull’organismo umano. Diversi studi come quelli condotti dalla dalla Carleton University di Ottawa, in Canada (pubblicato sulla rivista Endocrinology) o dalla State University di New York per conto del progetto giornalistico Orb Media, hanno evidenziato pericoli di interferenza ormonale e contaminazione da microplastiche rilasciate proprio dalle bottiglie di plastica.

Ogni azione responsabile contribuisce in modo considerevole a ridurre la percentuale di rifiuti e a limitare la dispersione di materiali altamente inquinanti per l’ambiente oltre che potenzialmente pericolosi per la salute umana. Un approccio green è ciò di cui abbiamo bisogno se si vuole abbattere ogni forma di inquinamento. Molto purtroppo è demandato alle scelte individuali. La burocrazia può essere lenta soprattutto quando ci sono interessi industriali, la scienza può esserlo ancora di più nel riuscire a dimostrare la nocività di alcuni prodotti e nel reperire finanziamenti per tali studi. Per questo è sempre bene seguire i principi di precauzione e altruismo, imparando a valutare i propri acquisti non per la loro diretta funzionalità ma anche in base all’impatto e premiare i marchi aziendali che organizzano le loro produzioni nel modo più sostenibile. La strada maestra che aziende, Stati e cittadini devono perseguire è quella che punta a uno sviluppo sostenibile, che sia in grado di soddisfare le necessità delle generazioni attuali senza compromettere quelle delle future generazioni. Il modo per seguirla è investire tempo, energie e denaro per valutare e limitare il nostro impatto.